Wednesday, November 29, 2006

Ucraina, le colpe della «grande fame»


Otto milioni di morti nei massacri degli anni Trenta. Un convegno analizza la carestia «governata» dal dittatore Stalin per sterminare i piccoli proprietari.

Si squarcia il sudario della memoria che per tanto tempo ha gravato sulla «grande fame». 8 mesi tra 1932 e 1933 che fecero milioni di morti (le cifre variano, ma si parla di almeno otto) in Ucraina, ma anche nel Caucaso settentrionale, nel Volga e nel Kazachistan. E sulle responsabilità dirette del regime staliniano nella politica che scientemente condusse al massacro nell'ambito della dekulakizzazione (l'eliminazione dei piccoli e medi contadini proprietari). Nel 70° dai fatti si sono moltiplicati studi e convegni. Da domani se ne tiene uno internazionale a Vicenza, su iniziativa dell'Istituto per le ricerche di storia sociale e religiosa. La «grande fame» fu un evento tragicamente epocale, purtroppo non unico nella storia dell'ex Urss e di Paesi comunisti come la Cina. E «senza una piena coscienza della grande carestia la comprensione del XX secolo è semplicemente impossibile», è l'opinione di uno dei relatori, Andrea Graziosi dell'Università di Napoli. Fu un crimine contro l'umanità che getta una sinistra luce sul regime sovietico e al tempo stesso è la prova provata che la menzogna è stata un tarlo in un sistema dominato dalla paura. Anche chi ha tentato un'operazione verità (come, con varie motivazioni, Kruscev aveva cominciato a fare) «ha dovuto scoprire conti che non si potevano saldare». Ettore Cinnella (Università di Pisa) indagherà il carteggio tra Stalin e i suoi collaboratori da cui -nonostante le uscite a singhiozzo dei documenti dagli archivi ex sovietici e il doveroso procedere della libera ricerca- emerge un dato chiarissimo: «Il ruolo demiurgico avuto da Stalin nella progettazione e nella messa in atto della collettivizzazione». Colpito fu un intero popolo, in tutte le sue dimensioni, compresa quella religiosa. Delle agitazioni contadine venne incolpata la Chiesa ortodossa. «Non fu un caso quindi, -sostiene Simona Merlo dell'Università Cattolica- che le repressioni dei contadini fossero accompagnate da un inasprimento della lotta contro la Chiesa». L'evento rappresentò una ferita spirituale fortissima. Della quale si sentono ancora gli effetti. Una studiosa dell'Università di Kiev -racconterà al convegno l'ucrainista Sante Graciotti- ha sguinzagliato 165 studenti in varie aree del Paese per intervistare 900 persone. Da esperienze personali o ricordi familiari è emerso -ancora 70 anni dopo- un quadro da tregenda: requisizioni, rapine, fame, morti, cadaveri insepolti, casi di cannibalismo. «Qui cogliamo -sottolinea Graciotti- gli effetti disastrosi della fame anche sulla psiche, oltre che sul senso morale, l'alienazione mentale oltre che quella etica. Il terrore fece tutt'uno con la sofferenza fisica per annientare l'uomo e calarlo a livello subumano». Yuri Scherbak, ambasciatore di Ucraina in Canada (dove risiede una forte comunità in diaspora), cercherà di tracciare un'eredità morale di quegli eventi. C'è ancora chi li nega, come i parlamentari comunisti del Paese. Ma il solo accenno a una crisi del grano per il raccolto di quest'anno ha generato quasi una psicosi nella «memoria genetica» del popolo. Per il diplomatico il genocidio dovrebbe, invece, assumere il suo posto tra i grandi massacri del Novecento ed essere di monito per il presente. Sul ruolo svolto dalla comunità di ucraini in Nordamerica nel risvegliare l'interesse sull'argomento parlerà lo storico Stanislav Kulchytskiy, che tratterà del dibattito svoltosi alla fine degli anni Ottanta, anni cruciali per la fine del sistema al di là della Cortina di ferro.

Anticristo nel granaio Un aspetto interessante della vicenda della grande fame è l'eco che essa ebbe nella letteratura, un tema al quale il convegno vicentino dedicherà una relazione, quella di Oxana Pachlowska, docente alla Sapienza di Roma: «La Madre e l'Anticristo: echi della "grande fame" in letteratura». Va detto che lo stesso Stalin si dotò di un megafono artistico di considerevole portata per ciò che riguarda le sue "grandi opere", la deviazione dei corsi d'acqua e la creazione di canali (vi persero la vita innumerevoli forzati). Ne parla un libro appena uscito in Germania, «Ingegneri dell'anima» (Ch. Links, Berlino) di Frank Westerman, esperto olandese di idraulica e giornalista. Le vicende della fame indotta in vasti territori (l'Ucraina è paradossalmente uno dei granai del mondo) dovevano invece restare sotto la cappa del più assoluto silenzio. Stalin sapeva e ciò bastava. Ve ne sono numerose riprove (tratte dai materiali d'archivio del Cremlino e del Politburo), che faranno da filo rosso all'intervento che lo studioso moscovita Nikolai Ivnitskiy terrà a Vicenza. Nel 1940 il "piccolo padre" discutendo del film «La legge della vita» riconobbe che 20-30 milioni di persone patirono la fame. Discorso che, ovviamente, non fu mai pubblicato. E dalle corrispondenze con i dirigenti locali risulta la consapevolezza di ciò che accadeva: ma era colpa... della reazione contadina ai kolkhoz.

Storici: i perché di un lungo silenzio
«Abbiamo sempre considerato il Paese provincia dell'Urss,anche dopo il crollo del Muro se ne è parlato con ritardo» Gabriele De Rosa, animatore del convegno vicentino, aprirà domani i lavori con una prolusione dedicata alla «Storia di un lungo silenzio storico».

Perché questo ritardo degli storici? «Essi hanno sempre considerato l'Ucraina una provincia dell'Unione sovietica. Quindi le sue vicende un fatto interno a quest'ultima. Non hanno mai visto la nazione, hanno ignorato la vicenda che ha portato con la libertà all'indipendenza. Non ci si meravigli che ancora adesso negli atlanti geografici non figuri l'Ucraina come identità in sé».

Cosa significa fare memoria della grande carestia?
«Quest'episodio della cosiddetta carestia, della "fame della terra", con circa otto milioni di morti tra trucidati e finiti nel gulag, ha inciso nel memoria collettiva, negli affetti familiari. C'è stato uno sradicamento rabbioso».

Quando si è cominciato a rompere il silenzio?
«La prima volta che si è conosciuto questo evento qui in Italia è stato nel 1991 grazie allo studioso Andrea Graziosi, che ha riportato rapporti inediti di diplomatici in Urss, italiani e non, su come si è operato in quei frangenti e sull'enorme peso che quella vicenda ha avuto. A livello mondiale se ne è parlato sempre con molto ritardo, ancora negli anni Novanta, dopo il crollo del muro di Berlino. Anche la testimonianza di Solzenicyn l'abbiamo conosciuta molto tardi. Tutto è legato alla caduta del Muro di Berlino, dopo la quale si è rivelata una realtà disumana che, per così dire, gareggia con quella operata dai nazisti: massacri e sradicamenti violenti con milioni di morti».

Quali prospettive sono da attendere per il futuro?
«Gli sviluppi dovrebbero riguardare l'identità dell'Ucraina nell'ambito dell'integrazione europea. Noi parliamo di essa con ragionamenti che riguardano soprattutto il mercato. Importante, per carità. Ma noi sosteniamo e sosterremo in questo convegno che la parte della conoscenza storica riguardo alle sofferenze e al costo della libertà per l'Ucraina, come anche per altri Paesi dell'Est -pensiamo ai Baltici- bisogna metterla nel conto».

Tratto da www.storialibera.it


Comments: Post a Comment



<< Home

This page is powered by Blogger. Isn't yours?